“O cavallina, cavallina storna/che portavi colui che non ritorna; /tu capivi il suo cenno ed il suo detto!/Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
Con questi celebri versi Giovanni Pascoli ricordava un tragico episodio della sua vita che aveva segnato profondamente la sua infanzia, la morte del padre Ruggero. Dedica due poesie alla memoria del padre: La cavalla storna, pubblicata nel 1903 e X Agosto, pubblicata nel 1896.
La mattina del 10 agosto del 1867, il giorno di San Lorenzo, Ruggero tornava a casa a San Mauro di Romagna proveniente da Cesena e fu centrato da un colpo di archibugio (antica arma da fuoco) sparato da dietro una siepe nei pressi della sua abitazione.
Unica testimone del delitto la cavallina storna dal mantello scuro con macchie bianche che il poeta richiama nei versi. Pascoli immagina nella poesia un dialogo tra la madre e la cavalla che riportava a casa l’uomo che non era più ritornato dalla sua famiglia.
Ruggero Pascoli era un amministratore della tenuta “ La Torre”, latifondo dei Torlonia, dopo la scomparsa prematura del cugino che rivestiva quel ruolo prima di lui, e nel 1867 erano dodici anni che svolgeva questo incarico.
Chi uccise Ruggero Pascoli e perché?
Furono celebrati tre processi, tante rappresentazioni letterarie e formulate nuove ipotesi, ma non è mai stato raggiunto nessun risultato. Le ragioni del delitto rimasero sempre un mistero. Fu archiviato tutto e le carte finirono al macero.
All’epoca c’era un’ipotesi che indicava come colpevole, Pietro Cacciaguerra, un ricco proprietario di Savignano che voleva prendere il posto di Ruggero come amministratore del latifondo, un incarico che poteva garantire larghi margini di guadagno personale se non svolto onestamente. Era proprio quello il movente, ucciderlo per prendere il suo posto. Effettivamente fu proprio Pietro Cacciaguerra a ricevere quell’incarico, ma potrebbe essere stata una semplice coincidenza.
Non era però dello stesso avviso Giovanni Pascoli, convinto che il colpevole fosse Cacciaguerra, sosteneva con forza questa tesi anche nei confronti di coloro che avevano indagato, senza però giungere ad una precisa accusa.
Fu anche considerato nelle indagini dell’epoca il movente politico. Il prefetto indagò negli ambienti dei repubblicani estremisti che lo consideravano un traditore poiché schierato politicamente con i liberali monarchici. Furono indagati due agitatori politici di Cesena ma prosciolti dalle accuse. La famiglia Pascoli non considerò mai attendibile la tesi del movente politico
Nel corso degli anni alla verità processuale, mai accertata, fu sostituita con quella dei processi storici e di nuove ipotesi.
Una vendetta per motivi di onore è un’altra ipotesi sostenuta dallo scrittore Maurizo Garuti con ” Il segreto della cavallina storna” in cui l’autore racconta una terribile confessione trasmessa da una generazione all’altra in una famiglia di mezzadri romagnoli: una vendetta d’onore. Una ipotesi, basata su alcune voci tramandate negli anni, in cui si sostiene che il delitto fosse stato compiuto per punire Ruggero di un abuso sessuale nei confronti di una contadina del luogo. Ipotesi però che non ha mai trovato riscontro nei processi e nei documenti.
“Il processo storico mediatico” celebrato a San Mauro di Romagna nel 2013 ha visto condannare a distanza di 145 anni Pietro Cacciaguerra, l’accusa e la ricostruzione storica è stata fatta da un magistrato di lungo corso, Ferdinando Imposimato che si è occupato della lotta alla mafia, alla camorra e al terrorismo in Italia: è stato infatti giudice istruttore dei più importanti casi di terrorismo, tra cui il rapimento di Aldo Moro del 1978, l’attentato a papa Giovanni Paolo II del 1981 e l’omicidio del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Vittorio Bachelet. La difesa degli imputati era stata affidata al noto avvocato Nino Marazzita.
E’ stato rovesciato il verdetto del 2001 in cui si sosteneva l’innocenza degli imputati e per la prima volta il celebre omicidio Pascoli ha tre nomi: Pietro Cacciaguerra, mandante, Michele Della Rocca e Luigi Pagliarani, esecutori.
Il Presidente del “Tribunale storico”, Bruno Amoroso, ha accertato che il voto popolare era talmente schiacciante, ed ha condannato i tre discussi personaggi, mai finiti in un’aula di tribunale.
Giovanni Pascoli era convinto fermamente che Pietro Cacciaguerra fosse l’omicida del padre e nella poesia dedicata alla cavalla storna nel dialogo con la mamma scrive “Ti voglio dare un nome” riferendosi chiaramente al Cacciaguerra. E poi “Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: disse un nome . . . Sonò alto un nitrito” immaginando una conferma.
Con il componimento poetico La cavalla storna, Pascoli rende l’omicidio del padre universale, conosciuto in tutto il mondo e scolpito nella storia. Ma allo stesso tempo è anche un modo per comunicare e far sapere che il nome del colpevole era noto, anche se non viene mai pronunciato esplicitamente.
Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise:/esso t’è qui nelle pupille fise./Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome./E tu fa cenno. Dio t’insegni, come” /Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:/disse un nome . . . Sonò alto un nitrito.
Il testo poetico è costruito con un efficace espediente narrativo utilizzando il dialogo tra la madre del poeta e la cavallina storna, l’unica testimone dell’omicidio del marito. Il surreale colloquio cresce e dà la sensazione che l’animale riveli il nome dell’assassino, la donna le sussurra il nome del colpevole.
La cavalla storna l’ha visto l’uomo che ha ucciso Ruggero, decanta il poeta, e lo ha ben impresso negli occhi, ma allo stesso tempo al pronunciar questo nome, nel silenzio…la cavalla fa risuonare “alto un nitrito”, come a confermare i sospetti.
Credit: la foto in copertina è un acquerello del pittore Giovanni Boldrini, Cavallo e Calesse, del 1905 conservato presso la Fondazione Sorgente Group, Roma. Secondo alcuni studiosi l’opera sembra ispirata alla poesia Cavallina Storna del Pascoli
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