Tutti conoscono le vicende drammatiche del Grande Torino, la squadra degli invincibili che si schianta a Superga il 4 maggio 1949 di ritorno da un’amichevole in Portogallo. Ma pochi conoscono le vicende del suo allenatore, l’ebreo ungherese Erbstein, che sfugge ai campi di sterminio nazisti, ma muore tragicamente nello schianto dell’aereo a Superga.
Lui è Ernő Egri Erbstein. Nasce il 13 maggio del 1989 in Ungheria precisamente a Nagyvárad , in Transilvania. Viene ingaggiato come calciatore in Italia nel 1924 al Vicenza nella seconda serie. Dopo due anni si trasferisce negli Stati Uniti e torna in Italia come allenatore nel 1928. Inizia ad allenare in Puglia prima ad Andria poi al Bari e alla Lucchese dove rimane fino al 1938. Con la promulgazione delle legge razziali, Erbstein lascia Lucca poichè non può iscrivere le figlie alla scuola pubblica italiana ed accetta l’incarico di allenatore del Torino. E’ il grande presidente Ferruccio Novo ad offrire ad Erbstein l’incarico che gli consente di far frequentare alle due amate figlie la scuola privata di Torino.
Nel frattempo Erbestein, che ha dedicato la sua vita al calcio e alla finanza, cerca nuovi metodi di allenamento e inizia a progettare con il presidente Novo quella squadra che in futuro scriverà pagine importanti della storia del calcio mondiale. Ma la persecuzione degli ebrei e la stretta delle legge razziali creano un clima di tensione molto forte.
Un giorno, al termine di un allenamento, Erbstein viene chiamato fuori dagli spogliatoi: ad attenderlo due agenti in divisa “Siete straniero”, chiedono i poliziotti. “Sono Ungherese”, specifica Erbstein, ma non è quanto i due uomini vogliono sentirsi dire. A loro importava della razza, al che l’allenatore replica con un mezzo sorriso: “Faccio parte della razza umana”
Sempre aiutato dal presidente Ferruccio Novo decide di lasciare Torino ed andare in Olanda. E’ sempre il presidente del Toro che organizza uno scambio con un allenatore olandese per evitare che si pensasse ad una fuga dall’Italia. Ma Erbstein viene bloccato alla frontiera dell’Olanda e non riesce ad arrivare ad Amsterdam, deve tornare a Budapest.
In questi anni drammatici di guerra e persecuzioni, Erbstein continua a costruire e a consigliare il presidente Novo sulla costruzione di una grande squadra con metodi nuovi. Introduce un nuovo modulo di gioco: “il sistema”. E’ lui che consiglia l’acquisto di Valentino Mazzola che diventa l’indimenticabile capitano del Grande Torino.
Nel frattempo i tedeschi occupano l’Ungheria nell’ ottobre del 1944 ed Erno Erbstein e i suoi familiari sono internati in un campo di lavoro. Riesce a scappare e a salvare la moglie e le figlie dai campi di sterminio. Dopo la guerra, torna in Italia e diventa direttore tecnico del Torino e contribuisce a creare la squadra che diventerà leggenda.
Sfugge ai campi di sterminio dei nazisti ma il suo destino è segnato, il 4 maggio 1949 l’aereo che riporta in Italia i giocatori del Torino si schianta sulla collina di Superga, muoiono tuti i 31 passeggeri tra cui Ernő Egri Erbstein
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